Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge che ivi si illustra intende riformare la disciplina dell'attività di patronato e di assistenza sociale, determinandone in maniera precisa compiti e funzioni, modificandone radicalmente il sistema di finanziamento e abolendo il monopolio riservato agli istituti promossi dalle maggiori organizzazioni sindacali.
      La legge 30 marzo 2001, n. 152, che ha dettato la «nuova» regolamentazione della materia, non ha solo confermato e aggravato gli elementi più discutibili e regressivi della vecchia disciplina (il monopolio sindacale o parasindacale e il finanziamento pubblico degli enti), ma ha accresciuto in maniera abnorme il mercato «protetto» dei patronati. Infatti, accanto alle funzioni tradizionali di tutela e di assistenza in materia previdenziale e socio-assistenziale, sono attualmente conferiti agli istituti di patronato compiti di sostegno, servizio e consulenza tecnica che ne fanno, potenzialmente, il più importante «centro di servizi» in materia di prestazioni sociali sia per i soggetti privati, sia, attraverso il regime di convenzione, per le amministrazioni e le istituzioni pubbliche.
      Come è già avvenuto per i centri di assistenza fiscale (CAF), anche i «nuovi» patronati confermano dunque la tendenza sempre più evidente alla parastatalizzazione delle organizzazioni sindacali, favorendone la trasformazione in veri e propri giganti economici. Lo svolgimento dei servizi di pubblica utilità è divenuto progressivamente una sorta di appannaggio istituzionale dei sindacati nazionali.

 

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      Per correggere le distorsioni dell'attuale disciplina, senza ridurre la garanzia delle prestazioni sociali, la riforma proposta:

          a) circoscrive le funzioni dei patronati all'assistenza, alla tutela e alla rappresentanza dei cittadini per il conseguimento di prestazioni sociali;

          b) riconosce il diritto a promuovere istituti di patronato a ogni ente e organizzazione che persegua finalità assistenziali e che sia in grado di offrire le adeguate garanzie tecniche, finanziarie e organizzative, senza vincoli di diffusione territoriale;

          c) abolisce il finanziamento pubblico degli enti di patronato, garantendo nel contempo la sostanziale gratuità delle prestazioni, attraverso la detraibilità fiscale degli oneri sostenuti, e prevedendo, inoltre, a tutela dei beneficiari, che il costo massimo delle singole prestazioni sia fissato in base a un tariffario nazionale approvato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

      La presente proposta di legge prosegue una storica battaglia dei radicali, che sui patronati promossero, nel 1999, una proposta di referendum abrogativo popolare, sulla quale tuttavia la Corte costituzionale, con la sentenza n. 42 del 2000, si pronunciò - in obbedienza alla propria giurisprudenza e non alla Costituzione che avrebbe dovuto difendere - per l'inammissibilità, impedendo ai cittadini italiani di esprimersi.

 

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